


LA MIA STORIA
Fabrizio Zampetti è un vincente perché è un sognatore: sogna in grande e non pone limiti a quanto lontano si possa arrivare. Fa una cosa ogni giorno che lo avvicinerà al raggiungimento dei suoi obiettivi. Tuttavia, sogna con un piano perché, senza un piano, un sogno è solo un desiderio.
È disposto a fallire: sa bene che raggiungere la vetta non è facile – se fosse semplice o gratuito tutti potrebbero farlo – e che le persone sono destinate a fallire lungo la strada. Ma invece di rimanere giù, le persone affermate si rialzano e imparano dai loro fallimenti, usandoli come trampolini di lancio verso la riuscita.

LA MIA STORIA

Fabrizio Zampetti è un vincente perché è un sognatore: sogna in grande e non pone limiti a quanto lontano si possa arrivare. Fa una cosa ogni giorno che lo avvicinerà al raggiungimento dei suoi obiettivi. Tuttavia, sogna con un piano perché, senza un piano, un sogno è solo un desiderio.
È disposto a fallire: sa bene che raggiungere la vetta non è facile – se fosse semplice o gratuito tutti potrebbero farlo – e che le persone sono destinate a fallire lungo la strada. Ma invece di rimanere giù, le persone affermate si rialzano e imparano dai loro fallimenti, usandoli come trampolini di lancio verso la riuscita.



Investe in sé stesso: investe tempo e denaro per migliorare sé stesso.
Si sforza di apprendere nuove abilità o di migliorare quelle attuali.
Agisce: ha eccellenti capacità decisionali e non aspetta che le cose accadano, ma le fa accadere.
E lo fa senza guardarsi indietro o avere rimpianti.
Abbraccia il cambiamento: non lo teme o gli resiste, ma lo abbraccia.
Con il mondo che si muove a velocità vertiginosa e la tecnologia in rapida evoluzione,
si adatta e si rende conto che il cambiamento è inevitabile.
Vede il quadro più ampio: non smette mai di andare avanti.
Abbatte qualsiasi muro di mattoni sulla sua strada.
Sa anche che i problemi che sta affrontando oggi probabilmente
non avranno importanza la prossima settimana o nel lungo periodo. È inarrestabile.
Infine, Fabrizio Zampetti vive nel presente e non nel passato:
sa perfettamente che nella vita non si può vivere dei vecchi giorni di gloria
e non è sufficiente avere successo una volta.
Occorre invece essere costantemente attivi per continuare a vincere.
Sa che, come affermava Babe Ruth, “I fuoricampo di ieri non vincono le partite di oggi”.
Ed è sempre pronto a rimettersi in gioco.
Abbandonare la tana rassicurante dei propri limiti, quella che oggi si ama definire comfort zone:
un luogo virtuale in cui ci sente comodi, al sicuro, a proprio agio.
Lasciare i punti sicuri e migrare verso lidi sconosciuti
pare sia l’unica maniera e il modo migliore per poter evolvere.
Grandi pressioni e necessità possono indurre al cambiamento,
ma anche una spinta personale di ricerca per se stessi ha il medesimo valore.
Come si può definire con precisione quella che da qualche tempo viene chiamata,
con una locuzione un po’abusata, comfort zone? Non è possibile dare una definizione univoca.
Per qualcuno può essere uno stato psicologico in cui si sente a suo agio e al sicuro,
per qualcun altro le abitudini e i comportamenti che lo rassicurano,
per qualcun altro ancora lo spazio in cui incertezza e vulnerabilità sono ridotte al minimo.
Ciò che accomuna tutte le descrizioni è il fatto che, benché l’espressione
sia costituita da una parola positiva, comfort, in realtà essa abbia
una connotazione negativa, poiché implica immobilità, routine, stallo.
Alcune persone giungono persino a parlarne come di una prigione d’oro.
E questo la dice molto lunga: ci si sente bene in quel luogo, ma ci si rinchiude al suo interno,
impedendo la propria naturale evoluzione. Forse possiamo azzardare un’unica definizione:
la comfort zone è lo spazio limitato del conosciuto e del padroneggiato.
Quel che è certo è che si tratta esclusivamente di uno stato mentale
che soddisfa il proprio bisogno di controllo per paura di fallire,
di perdere le proprie abilità e di modificare la rotta personale.
Rimanere a lungo in questa situazione ha solo effetti negativi.
A risentirne sono principalmente la creatività e la crescita personale.
Se ci si ferma solo un momento a riflettere, si comprende come,
continuando a fare quello che si è sempre fatto, si ottiene sempre il medesimo
risultato e non si crea nulla di nuovo nella vita. La vita stessa può apparire allora noiosa,
perché tutto è già previsto e prevedibile. D’altro canto, ci si impedisce di fare cambiamenti perché,
se ci si è abituati a fare le cose sempre nello stesso modo,
si sviluppa la paura di farle in una maniera diversa.
È proprio tale atteggiamento mentale che uccide la crescita.
Ed è ciò che impedisce alla maggior parte delle persone di perseguire i propri sogni e i propri obiettivi.
È fondamentale lavorare per migliorare sé stessi, le proprie abilità e le proprie conoscenze.
Avventurarsi fuori dalla tana dei propri limiti – limiti autoimposti peraltro – aiuta a diventare più forti o,
come usa dire oggi, più resilienti: tutti sanno che il successo non è qualcosa di facile da raggiungere.
Se fosse facile, tutti avrebbero successo. Dal momento che, invece, è difficile,
raggiungerlo richiede la capacità di riprendersi dal fallimento e di imparare dai propri errori.
Sono moltissime le persone che si arrendono
quando incontrano difficoltà o quando falliscono in qualcosa.
Le persone di successo sono persone tenaci che guardano agli errori
e ai fallimenti in una diversa prospettiva, quella più corretta: il fallimento,
cioè, non è l’opposto del successo, ma è proprio ciò che conduce al successo.
È un’affermazione che può sorprendere, ma è la pura e semplice verità:
il successo, infatti, è il risultato dell’esperienza.
E da dove si trae la maggiore esperienza? Proprio dai fallimenti.
Sono questi che mostrano cosa è andato storto
e cosa bisogna migliorare per ottenere i risultati che ci si è prefissi.
Alla domanda sulla sua invenzione della lampadina e sui fallimenti che ha incontrato,
Thomas Edison ha affermato: «Non ho fallito. Ho appena trovato 10.000 modi che non funzioneranno».
Thomas Edison probabilmente avrà provato frustrazione dopo ciascuno dei suoi fallimenti.
Ma ha scelto di imparare dai suoi errori, utilizzando i risultati dell’ultimo esperimento
per pianificare quello successivo.
Cos’è importante, dunque? Creare una lampadina. E, se non funziona, riprovarci.
Se avesse avuto paura del fallimento o se a preoccuparlo fosse stata l’incertezza,
Fabrizio Zampetti non sarebbe oggi l’uomo che è. Avrebbe potuto rimanere a Roma, sua città natale.
Ha scelto invece di trasferirsi a Milano, calandosi profondamente
nell’agguerrita e concorrenziale realtà milanese.
Il mix di animo romano ed efficienza milanese è senz’altro quel che ha fatto di lui un vincente:
gli ha consentito – e lo fa tuttora – di avere la tenacia per trovare le risorse
di fronte a imprese che chiunque avrebbe giudicato impossibili e di superare ostacoli
che chiunque avrebbe conisderato insormontabili. Questo il suo carattere.
L’aveva sempre avuto probabilmente, ma solo la spietata concorrenza milanese glielo ha fatto scoprire.
